Luigi Nacci, poeta, scrittore e viandante, fondatore del Festival della Viandanza e autore del fortunato Alzati e cammina (Ediciclo Editore, 2014), ci accompagna in un viaggio emozionante lungo due percorsi frequentati da secoli dai pellegrini d’Europa: il Cammino di Santiago e la Via Francigena.
Negli ultimi 10 anni oltre 110 mila italiani hanno percorso a piedi le vie per Santiago, e in straordinaria crescita è anche il dato di presenze sulla via Francigena: migliaia e migliaia di persone che si mettono in cammino per trovare risposte nuove a domande antiche.
Quelle antiche vie – che costituiscono la memoria profonda di un continente – parlano, incitano a ricordare, ci raccontano quello che siamo stati e come potremmo essere. Questo libro è per loro: per tutti coloro che hanno fatto il cammino, o lo faranno, per sognare a occhi aperti e in pieno giorno un’altra vita.
Sullo sfondo dei paesaggi che incastonano le più antiche strade d’Europa, scopriamo in compagnia di Luigi Nacci un altro modo di stare al mondo: il pane si divide, le porte non si chiudono, le cose di cui si ha bisogno sono poche, le relazioni non sottostanno al potere e al denaro, ogni gesto è gratuito e ogni speranza ha di fronte a sé una strada aperta. Il cammino vero, quello lungo che affatica e sfianca e trasforma, è anche un viaggio in cui emergono con forza inaudita sentimenti profondi: paura, spaesamento, nostalgia, disillusione, stupore, allegria. La viandanza diventa uno straordinario modo per conoscere anche se stessi.
Il libro si inserisce nel filone che annovera negli ultimi anni successi editoriali come Andare a piedi. Filosofia del camminare di Frédéric Gros (Garzanti), Il mondo a piedi. Elogio della marcia di David Le Breton (Feltrinelli) e Le antiche vie. Un elogio del camminare di Robert Macfarlane (Einaudi).
«Quando si è stati pellegrini, viandanti, forestieri, clandestini o nomadi una volta, lo si è per sempre. Non possiamo tornare alle nostre vite ordinarie e sprangarci in casa. Possiamo farlo per un po’, ma poi, se continuassimo, impazziremmo. Perché se tenessimo le porte chiuse, rinnegheremmo la polvere e il fango in cui abbiamo sognato ad occhi aperti. E non c’è niente di peggio che tradire un sogno.»
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