Intervista con il Presidente AEVF Massimo Tedeschi per parlare della Via Francigena all’interno del Programma degli Itinerari culturali del Consiglio d’Europa: passato, presente, futuro.
Breve introduzione della Via Francigena
La Via Francigena, itinerario di 1800 chilometri da Canterbury (Kent, GB) a Roma (Lazio, IT), venne dichiarata “Itinerario culturale CoE” nel 1994. Per 7 anni non vi fu nessuna attività di valorizzazione dell’itinerario di un qualche rilievo. Per questo motivo il 7 aprile 2001, io allora ero sindaco di Fidenza (Emilia-Romagna, Italia), invitai i Sindaci dei Comuni della Via Francigena a costituire una Associazione di promozione dell’itinerario europeo. Furono 33 i colleghi che accolsero l’invito. Costituimmo l’Associazione nella mia città ed io venni eletto presidente. Oggi aderiscono ad AEVF 120 Enti locali e regionali e 80 associazioni nei quattro Paesi attraversati (Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia); AEVF svolge azione di impulso nei confronti di istituzioni pubbliche (locali, regionali, nazionali, europee) ed associazioni del volontariato per valorizzare l’itinerario in tutta Europa.
AEVF ha consolidato un efficace modello di governance, che le è valsa (2007) l’abilitazione a rete portante (réseauporteur) della Via Francigena. L’esperienza maturata da AEVF, cui non è mai mancato il prezioso supporto dell’Istituto Europeo degli Itinerari culturali di Lussemburgo, costituisce esempio e riferimento europeo per lo sviluppo, la tutela, la salvaguardia e la promozione delle Vie Francigene. Centinaia sono i comuni e i borghi, di pianura, di collina e di montagna, uniti dal filo rosso della Via Francigena, rappresentanti di una Europa dei popoli portatrice di ideali di pace, rispetto e democrazia; luogo ove le identità nazionali danno forza e valore al confronto delle culture e al radicamento dell’identità europea.
Come veniva percepito il Programma quando l’itinerario è stato certificato e come viene percepito ora?
La forza del “Programma degli itinerari culturali del Consiglio d’Europa” è cresciuta grazie all’attività degli Itinerari culturali più dinamici come il nostro. Ma ritengo che dovrebbe crescere molto di più poiché rappresenta un mezzo molto importante della costruzione europea in una fase molto difficile del nostro continente e del mondo intero. Nella “Dichiarazione” del 1987, rilasciata a Santiago di Compostela, c’è un forte richiamo alpellegrinaggio ed ai cammini come metafora della riscoperta delle radici europee. E’ un invito rivolto a giovani e meno giovani a percorrere a piedi i cammini d’Europa affinché, percorrendoli, possano essere richiamati al valore di società “fondate su tolleranza, rispetto degli altri, libertà, solidarietà”. Non dobbiamo lasciar cadere questo richiamo. Si poteva infatti fare molto di più se la potenzialità del “Programma” fosse stata supportata da adeguata consapevolezza e azione politica.
Nel 2010 si ebbe la svolta con una ritrovata cooperazione Consiglio d’Europa/Commissione e Parlamento europeo. La direzione poi di Stefano Dominioni ha impresso ulteriore impulso, dando visibilità e visione al “Programma”. Resta da compiere un passo decisivo: superare lo scollamento con i Governi nazionali incardinando finalmente il “Programma” nelle politiche nazionali e regionali dei Paesi aderenti; cosa che oggi non avviene, con grave danno della sua efficacia e delle sue prospettive, nonostante il GoverningBoard dell’Accordo Parziale Allargato sia formato dai rappresentanti di tutti i Governi nazionali aderenti.
Quali sono i maggiori risultati raggiunti dalla Via Francigena? Quali sfide e prospettive della Via Francigena nell’Europa di oggi?
Lungo la Via Francigena, da Canterbury a Roma, camminano ogni anno decine di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, attirate dalla bellezza di paesaggi, borghi e cattedrali, dalla storia, dal cibo e dalle culture di importanti Paesi europei quali Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia. Un risultato straordinario al quale AEVF ha contribuito.
Il flusso di pellegrini e camminatori risveglia l’orgoglio delle comunità ospitanti e genera una nuova economia di beni e di servizi che, insieme con la realizzazione delle infrastrutture di supporto, contribuisce allo sviluppo dei territori, dando impulso all’iniziativa privata e creando nuove opportunità di lavoro. La Via Francigena tocca territori cosiddetti “minori” ma essa non è itinerario “minore” né itinerario locale o regionale, e nemmeno nazionale: è itinerario europeo. La famiglia della Via Francigena è inclusiva e pacifica; caratteristiche queste che ne costituiscono l’essenza e la forza, e un esempio per tutti.
Il “Programma degli Itinerari culturali del Consiglio d’Europa” fu lanciato, con molta tempestività, dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a Santiago di Compostela due anni prima della caduta del Muro di Berlino. Anche per questo oggi esso è divenuto strumento significativo di riflessione e di cooperazione tra istituzioni, associazioni e imprenditoria. Ritroviamo in tutto ciò un’Europa che amiamo, l’Europa della Francigena e delle persone.
Potresti condividere un evento particolarmente significativo nella storia della certificazione europea della Via Francigena?
Il 22 febbraio 2010 a Montefiascone (Lazio, Italia) si svolse una straordinaria assemblea generale della nostra Associazione cui parteciparono il Presidente Antonio Tajani, allora Commissario Europeo al Turismo, e Silvia Costa, divenuta Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo. Essi toccarono con mano la forza della Francigena e non a caso, infatti, quell’anno seguirono due fatti rilevanti: la Giornata Europea del Turismo, il 29 settembre, interamente dedicata agli Itinerari e la stipula, il giorno 8 dicembre, dell’Accordo Parziale Allargato sugli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa cui aderiscono oggi ben 28 Stati europei. Il “Programma” ricevette quell’anno una grande accelerazione che portò a proficue collaborazioni con Commissione e Parlamento Europeo, Comitato delle Regioni, Congresso dei Poteri Locali, UNESCO, UNWTO.