Un percorso a piedi da 3200 km, da Canterbury a Roma e poi a Santa Maria di Leuca, che richiede vari mesi per essere completato: la Via Francigena è un ottimo esempio di ciò che viene chiamato ‘turismo slow’.
Si tratta di un’opportunità per un turismo responsabile che prioritizza l’habitat locale, permettendo di vivere il paesaggio circostante nella maniera più autentica, nella lentezza dei passi, osservare ciò che ci circonda, apprezzare la sua bellezza, e, a volte, riconoscere l’impatto ambientale e le problematiche legate alla nostra società contemporanea.
L’Associazione Europea della Via Francigena (AEVF) ha dichiarato espressamente, nei suoi statuto, mission e piano strategico, che un turismo sostenibile è l’ambizione al cuore delle proprie attività. In particolare, la mission dell’associazione è quella di sviluppare la sostenibilità dell’itinerario della VF attraverso l’inclusione di tutte le parti interessate, dalle istituzioni europee agli stakeholder locali, in modo da conferire riconoscimento e consolidamento alle identità, culture e tradizioni locali. Le realtà locali otterrebbero così visibilità, in termini di patrimonio culturale, e un valido posizionamento in quanto prodotto turistico sul territorio. Ciò avverrebbe non solo nelle aree direttamente attraversate dal cammino, ma anche nelle aree circostanti che, in molti casi, sarebbero altrimenti escluse dai maggiori circuiti turistici europei.