….e fu così che il 31 luglio entrai a Roma con i compagni pellegrini dalla Via Trionfale, che di trionfale non ha più nulla. Era quasi l’una ed eravamo affamati. La strada da Campagnano Romano alla capitale aveva attraversato boschi e campi dorati ma la periferia assolata era stata un’esperienza frustrante. Ma la meta era talmente vicina….
Una pizza e una birra e poi ancora un po’ di strada, ma poca, ed eccoci in città.
Che soddisfazione.
Nel primo pomeriggio ci fu un incontro con il Ministro della Cultura e con la Commissaria Europea, cerimoniale di cui avremmo anche fatto a meno, ma che sopportammo pazientemente per amore della Via Francigena.
Alberto e Federico, capi della tribù e della spedizione, si presentarono, ed erano magnifici, in giacca e cravatta.
Targhe, saluti, buoni propositi, sorrisi, scambi di doni, fotografie, progetti, salamelecchi.
Alle quattro, sudata ma felice, arrivai in San Pietro e ricevetti l’attestato di peregrina romea.
I pellegrini romei sono quelli diretti appunto a Roma. I palmieri sono quelli che vanno in Terra Santa e a Gerusalemme. I peregrini giacobei sono quelli che si recano in Galizia a visitare il sepolcro di Santiago, come narra Dante Alighieri.
Davanti al Pantheon foto ricordo di tutto il gruppo che qui si separò temporaneamente.
Mi avviai in autobus verso il periferico ostello gestito dalla Suore Vietnamite dove avrei passato la notte. Un viaggio interminabile, prigioniera in un mezzo con le ruote e il motore !!!!
La cena di fine cammino, a cui si unirono anche amici, mogli e fidanzate arrivate nel frattempo dal Nord, fu un tripudio della cucina romana che mia madre, che da lì veniva, mi aveva fatto amare fin da bambina: carciofi alla Giudia, fritto misto, bucatini all’ amatriciana e spaghetti cacio e pepe, puntarelle con le acciughe, cicoria strascicata con aglio e peperoncino, abbacchio, saltimbocca e scottadito………
E vino bianco dei Colli, naturalmente.
Impossibile non cantare in coro, stonati, esausti e felici: Quanto sei bella Roma quand’è sera….
Tornata a casa andai a cercare l’etimologia di pellegrino.
Scoprii che deriva dal latino peregrinus che, tratto dall’avverbio peregre (per: fuori + ager: agro, territorio, paese), assume il significato di “straniero”, “forestiero” (letteralmente “che proviene o viaggia al di fuori del paese”).
E così capii di essere una straniera anch’io.
In verità lo sospettavo.
Un giorno in libreria comprai “Camminare” (Walking, 1862) di Henry David Thoreau, grande pensatore e viandante appassionato.
Ribelle e visionario, seguace delle teorie di Ralph Waldo Emerson, fondatore del movimento kantiano del Trascendentalismo, il giovane Thoreau si chiese un giorno come fare a mettere in pratica i precetti ambientalisti e pacifisti del suo maestro.
Nelle Rêveries du promeneur solitaire di Rousseau trovò la risposta che cercava.
“Non ho mai tanto pensato, tanto vissuto, non sono mai tanto esistito, stato tanto me stesso, quanto nei viaggi che ho compiuto da solo e a piedi.”
Così capi’ che la soluzione era una sola: camminare.
D’altra parte l’avevano detto anche i saggi dell’antichità che deambulare è il vero rimedio per i mali dell’anima.
Gli allievi di Aristotele si chiamavano peripatetici, dal greco peripatein (passeggiare), proprio per questo.
I sofisti invece si spostavano a piedi di città in città per insegnare la retorica.
E gli stoici discutevano di filosofia passeggiando sotto la Stoa, i portici di Atene.
Camminare sul serio, penetrare i boschi, attraversare i fiumi e i laghi, valicare le vallate, incontrando la natura incontaminata e selvaggia, questo decise di fare il giovane Thoreau.
Che scrive:
“Credo nella foresta e nel campo e nella notte in cui cresce il grano.”
Non avevo mai letto nulla di simile e ne rimasi incantata.
Scoprii, grazie a lui, il Grande Ovest, verso cui dirigeva il suo lento andare.
E riscoprii, sempre grazie a lui, un autore del XIV secolo che avevo studiato al liceo e completamente dimenticato, Geoffrey Chaucer e i suoi Racconti di Canterbury.
Centoventi storie narrate da un gruppo di pellegrini durante il loro pellegrinaggio dalla Locanda del Tabarro a Southwark alla Cattedrale di Canterbury, per visitare il santuario di San Tommaso Becket.
“E gli uomini ricercano pellegrinaggi,
e i pellegrini terre sconosciute.”
(G. Chaucer-The Canterbury Tales, Prologo)
E prima ancora, nel X secolo, il Vescovo Sigerico rientrò a Canterbury da Roma dove aveva ricevuto dalle mani del Papa il Pallio, il mantello bianco che rappresenta la pecora che il Cristo porta sulle spalle.
Tornò a piedi e tracciò, in 79 tappe, la Via Francigena.
Non avevo bisogno d’altro per decidere di incamminarmi di nuovo, appena possibile, anch’io verso occidente….