Via Francigena

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Uno, cento, mille cammini: a ciascuno la sua domanda (e risposta)

Cos’è per te un cammino? Chissà quante persone si pongono questa domanda quando si apprestano a mettersi in viaggio.E non un viaggio qualunque, sia ben inteso, ma un viaggio dove tutto l’occorrente deve essere ridotto al minimo e trasportato sulle spalle e dove l’unico mezzo per muoversi nello spazio e nel tempo sono le proprie gambe. Intraprendere un cammino può rappresentare una sfida, oppure un modo per far pace con noi stessi. Può essere una prova fisica, ma anche un momento di riflessione; un punto di partenza, così come un inizio. Camminare è una necessità di ritrovarsi per alcuni e di perdersi per altri: c’è chi viaggia per fare sport, chi per ragioni religiose, chi per conoscere gente, chi per stare solo o sola, chi per interessi culturali, chi per scattare foto, chi per cercare ispirazione artistica, chi per il contatto con la natura.

Di sicuro si sono posti questa domanda alcuni pellegrini e pellegrine che si sono messi in cammino per una causa ben precisa. È questo il caso di Roy Bella, che all’età di soli 5 anni sta percorrendo a piedi i 1000 chilometri della via Francigena che dal Gran San Bernardo portano fino a Roma: 44 tappe con una media giornaliera di 23 chilometri in qualità di ambasciatrice di Pedibus Ticino, un progetto dell’Associazione traffico e ambiente (Ata) che vuole sensibilizzare bambini di tutte le età ad andare a scuola a piedi o in bici. Un ‘autobus a piedi’ nato in Svizzera una ventina di anni fa per accompagnare studenti e studentesse sotto la supervisione di un adulto, ma soprattutto per imparare sin da piccoli l’importanza del medio ambiente attraverso scelte economiche ed ecologiche.

‘Perché il solito viaggio?’ è invece la domanda che probabilmente si sono posti 3 diciassettenni che, alla fine di un anno scolastico particolarmente difficile tra restrizioni e didattica online, hanno preferito alla classica vacanza estiva all’insegna del divertimento un cammino a piedi. Fanno 50 anni in tre Tommaso Saladino Medici, Ravi Fabrini e Manuel Mazzarini, che, appena concluso il liceo, sono partiti da Ivrea per raggiungere Roma con una media di 23  chilometri al giorno, “per la pura voglia conoscere, sperimentare, esplorare e mettersi alla prova”, come commentano i genitori in un’intervista rilasciata a Tuscia Web.

Ma non solo in giovanissima età si decide di mettersi in cammino lasciando a  casa affetti e comodità: Giuliana Baldinucci a 73 anni ha percorso da sola la tratta da Gubbio a Roma con un obiettivo ben chiaro: raccogliere fondi per l’associazione “Libera…mente donna” che gestisce i centri antiviolenza di Perugia e Terni.  “Vedevo passare tanti pellegrini fino a che mi sono chiesta ‘e io perché non lo dovrei fare?’”, ha dichiarato. La risposta è stata chiara dopo aver parlato con la vice sindaca del comune di Gubbio che l’ha indirizzata alla causa, in realtà a lei già ben nota considerato il suo impegno nell’ambito delle pari opportunità.  Il cammino di Giuliana si è concluso nella @Casa Internazionale delle Donne di Roma, dove è stata accolta dalla presidentessa della cooperativa @BeFree, che all’interno del Lazio gestisce diversi centri violenza e case rifugio. Perché ognuno sceglie la Piazza San Pietro che preferisce in base alla propria personalissima missione.

Alla ragione del cammino dei partecipanti di Francigena Trail c’è invece la voglia di pedalare e scoprire la Via Francigena del Lazio su due ruote, ma soprattutto l’esigenza di sostenere concretamente Parent Project aps, un’associazione di pazienti e di genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker, impegnata dal 1996 nella lotta a queste due rare patologie degenerative. L’inizio di questo progetto solidale è previsto per il 3 settembre quando biker provenienti da tutta Italia percorreranno 300 km di sterrati, salite e discese lungo i borghi della Tuscia. A settembre partirà anche Claudio Stucchi di 64 anni che si sta preparando a percorrere l’intera tratta italiana della Via Francigena dal Gran San Bernardo a Santa Maria di Leuca. La ragione di questa traversata di tutta l’Italia? Sostenere e diffondere il messaggio dell’associazione brianzola Vivere Aiutando a Vivere, da quasi 30 anni impegnata nell’assistenza dei malati terminali e delle loro famiglie. In sella partirà invece il colognese Alberto Turra che sta per iniziare un tour 450 chilometri per una ragione ben precisa: quella di sostenere la ricerca scientifica nella lotta contro il tumore al pancreas, a favore dell’operato della Fondazione Nadia Valsecchi, da  sempre attiva nell’incentivare il connubio tra sport e ricerca. Non ultimi, i Parkinsonauti, un gruppo di ciclisti appartenente all’associazione Parkinson & Sport, che ha percorso la tratta da Pavia a Roma con l’obiettivo di sensibilizzare sulla malattia e testimoniare quanto siano importanti sport e movimento per rallentarne i sintomi.

Come diceva Bruce Chatwin, la vita è un viaggio da percorrere a piedi. E se sappiamo che domande porci, ha tutto un altro gusto.

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1 mese di Road to Rome: un bilancio dei primi 30 giorni on the road

“Solo 30 giorni? Mi sembra di essere in cammino da mesi” – racconta stupita al telefono Myra Stals, social media manager di Road to Rome nonché volto dell’iniziativa, in diretta dalla Via Francigena che ormai dallo scorso 16 giugno è la sua casa itinerante.