La rivoluzione in cammino
La decisione di avventurarsi a piedi nelle “zone grigie” che separano i centri urbani è in se un gesto rivoluzionario, una manifestazione di senso civico. Portarci altre persone è un atto di politica attiva. Chi cammina nella natura ha in generale l’impressione di riappropriarsi del proprio tempo, ma chi viaggia a piedi di città in città si riappropria del proprio spazio, e si rende conto meglio di altri di quale prezzo stiamo pagando alla modernità e agli agi. In questo senso il camminatore è un testimone scomodo del saccheggio ambientale, e forse non a caso chi progetta le strade non fa nulla per semplificargli la vita.
Inoltre, il camminatore con zaino in spalla è una presenza destabilizzante per chiunque lo veda. La sua presenza è talmente rara da non poter passare inosservata, e inevitabilmente stimola delle domande.
La più innocente e la più gradita è “Da dove vieni? Dove stai andando?”, inevitabilmente condita con esclamazioni di sorpresa nel momento in cui la meta e la destinazione distano più di dieci chilometri.
Più insidiose sono le domande che non vengono esplicitate: da “Chi è questo straccione? Cosa vuole da me?” a “Perché non faccio anch’io come lui? Come mi piacerebbe accompagnarlo…”
In ogni caso un viaggiatore a piedi perturba in qualche modo l’ordine delle cose, si inserisce nel paesaggio modificandolo, la sua semplice presenza spesso scuote le coscienze e l’inconscio di chi lo osserva anche in lontananza.
Il tutto mentre compie il gesto più semplice e naturale, quello che distingue gli uomini dagli animali: camminare su due zampe.
Camminare rende felici
Un altro aspetto trasgressivo e destabilizzante del viaggio a piedi è costituito dalla gratuità del gesto. Camminare non costa nulla, non rende nulla. Eppure in genere aumenta la felicità delle persone.
Camminando si dimostra la stupidità della regola che vorrebbe legare la crescita prodotto interno lordo al benessere, poiché chi cammina in genere aumenta il proprio benessere con un impatto nullo sul PIL.
In quest’ambito, la trasgressione estrema è quella di viaggiare a piedi senza soldi, confidando nella generosità delle persone e/o in organizzazioni in grado di accogliere gratuitamente i pellegrini.
Sebastien des Fooz descrive nel libro “a piedi a Gerusalemme, 184 giorni, 184 volti”, il suo pellegrinaggio dal Belgio alla Terra Santa, in cui viene ospitato nelle case di decine di famiglie, spesso trattato come ospite di riguardo e nutrito con piatti prelibati. Durante il suo viaggio la generosità è in genere inversamente proporzionale alla ricchezza, e nei paesi più poveri, in particolare di fede musulmana, l’ospite cristiano viene esibito come un trofeo alla comunità locale.
E’ questo un positivo ritorno al Medio Evo, alla tradizionale accoglienza riservata ai Pellegrini, che anticamente venivano considerati come un ordine monastico a se, con l’ospitalità gratuita gestita da organizzazioni come i templari, i cavalieri del Tau, i cavalieri del Santo Sepolcro.
I pellegrini venivano accolti volentieri anche nelle case private, dove in cambio di un letto e di una zuppa calda portavano notizie e saperi. In un’epoca in cui la quasi totalità della popolazione era analfabeta, la trasmissione orale era l’unico modo per tenersi informati, e un viaggiatore proveniente da paesi lontani era un potente strumento di trasmissione delle informazioni e di divulgazione culturale.
Oggi le informazioni non ci mancano, anzi ne siamo sommersi, e abbiamo la falsa impressione di non avere più bisogno della trasmissione orale. Invece un viaggiatore consapevole e attento, soprattutto se viene da un paese lontano, può essere una risorsa preziosa. In un’epoca in cui s’innalzano barriere può aiutarci a comprendere e ad apprezzare la diversità, anziché subirla. Può consentirci di raccogliere informazioni dirette anziché mediate. Può aiutarci a ricordare il significato profondo dell’Accoglienza.
Alberto Conte