“A buon intenditor poche parole”, dicono: tuttavia, essere un/a intenditore/trice oppure un/a neofita nel campo dell’enologia, non fa differenza, perché ormai è noto a chiunque che Barolo e Barbaresco sono tra i vini più conosciuti al mondo del Piemonte, regione italiana votata alla produzione dei vini rossi (ma non solo), tra i quali il Sizzano prodotto tra Novarese e Valsesia (oggi vino DOC), che secondo Camillo Benso Conte di Cavour poteva ben competere con il celebre Borgogna.
Le cantine piemontesi sono tutte profondamente legate al proprio territorio e alle tradizioni secolari, che si tramandano di generazione in generazione tra le famiglie di produttori in tutta la regione.
Ci sono tuttavia delle rotte del vino ancora più peculiari, perché legate alla storia del cammino della Via Francigena che collega Pont Saint Martin a Vercelli passando per Ivrea. Se tra i primi consigli rivolti a chi intraprende il cammino c’è quello di fare scorta di acqua, in tempi meno recenti i pellegrini preferivano dissetarsi con il “nettare” della vigna, che veniva loro offerto, poiché le risorse idriche potevano essere inquinate e quindi fonti di malattie.
Tra i sentimenti di coloro che oggi percorrono l’itinerario francigeno non manca certo la curiosità di esplorare il gusto enologico locale e nella regione piemontese si ha ampia scelta, considerando che le aree vinicole che si intrecciano con il cammino sono due: quella nel territorio del Canavese e quella caratterizzata dei vigneti della Val Susa, due delle quattro aree incluse nella “Strada reale dei vini torinesi” riconosciuta come itinerario di produzione di eccellenza enologica nel 2009 e lunga ben 600 km.
Il Sentiero dei Vini nel Canavese sulla Via Francigena
La via del vino nel Canavese comprende tre itinerari tra loro collegati, ma soltanto uno si snoda lungo l’antico tracciato della Via Francigena, ovvero quello che a nord di Torino si estende fino a Carema, alle porte della Valle d’Aosta. Il Carema è divenuto uno dei 200 presidi Slow Food italiani nel 2014, proprio per lo stretto legame tra il territorio e il vino figlio delle sue vigne, ovvero il Nebbiolo.
Prodotto da una cantina sociale fondata nel 1960, è contraddistinto da un sapore “morenico”, metaforicamente parlando, poiché la forma di coltivazione della vite di Carema è la pergola canavesana, o localmente “tòpia”, caratterizzata dal far crescere le radici delle viti nella terra morenica sorrette da muretti e pilastri in pietra fluviale su dei ripidi terrazzamenti. Il sentiero vinicolo nel Canavese è infatti dominato dalla collina morenica della Serra d’Ivrea (lunga 25km che la rendono la più estesa in Europa), sovrastata dalle Alpi e costeggiata dal lago di Viverone.
Molto utile per orientarsi e ricevere consigli da chi ha avuto un’esperienza diretta di questa zona è anche far uso l’app di AllTrails, dove si possono consultare le mappe e scambiare informazioni e commenti. Il tracciato si presta bene per un viaggio in bicicletta, ma un suggestivo suggerimento può essere quello di incamminarsi lungo i sentieri tra i filari alla scoperta del cammino.
Pertanto, l’autunno e l’inverno sono le stagioni ideali per andare alla scoperta del sapore enologico del Canavese, poiché oltre allo spettacolo di paesaggi dai colori suggestivi si può assistere alla vendemmia e alla lavorazione delle uve per il vino passito.
Una tappa importante del viaggio, in questa terra disseminata di viti, è la cittadina di Caluso dove si può degustare l’Erbaluce di Caluso o Caluso DOCG, il più caratteristico bianco del Canavese, che nel 2023 è stato nominato dalla Regione Piemonte vitigno dell’anno. Questo vino proviene da vigneti di collina e viene prodotto in tre diverse tipologie: fermo, spumante e passito, caratterizzato da una gradazione minima di circa dell’11-11,5%, e da servire fresco per accompagnare rispettivamente aperitivi e antipasti, primi piatti e formaggi, dolci secchi ed amaretti.
Vigneti ad “alta quota” nel tratto del cammino in Val Susa
Le aziende vinicole in Val Susa si trovano sui due versanti dell’Alta Valle, Exilles e Giaglione/Chiomonte. La presenza di un microclima caratterizzato da un’adeguata esposizione al sole, al riparo dagli effetti dei freddi venti del nord, ha permesso di poter coltivare la vite oltre gli 850 m di altezza, permettendo quindi di praticare la “viticoltura eroica”, ovvero ad altezze insolite, con pendenze tra i filari fino al 30%, dove le viti crescono tra roccia e muretti in pietra che di giorno immagazzinano il calore, rilasciandolo nelle ore notturne.
Pur essendo un territorio caratterizzato sin dall’epoca pre-romana dalla cultura della produzione e vendita del vino, della cui importanza si ha testimonianza nel “Testamento di Abbone” del 739, fondatore dell’Abbazia di Novalesa, fu proprio grazie alla Via Francigena che collega questo versante delle Alpi alla Francia, ad incentivare lo sviluppo della coltivazione della vite, favorendo la presenza delle numerose locande e taverne disseminate lungo il percorso che accoglievano i pellegrini offrendo loro esclusivamente il vino locale.
I vini, provenienti dalla Val Susa sono il Baratuciat (vitigno bianco autoctono e ampelograficamente misterioso, salvato miracolosamente dalla scomparsa ed entrato nella DOC Valsusa solo nel 2019) e i rossi Avanà e Becuet, DOC Val Susa fin dal 1997. In questa zona ha origine anche il “Vino del Ghiaccio”, eiswein o icewine, un passito conosciuto anche come San Sebastiano.
È prodotto alle massime quote di coltivazione con una procedura che prevede di lasciare essiccare in vigna le uve di Avanà fino all’arrivo dell’inverno; successivamente i grappoli vengono raccolti, rigorosamente a mano, di notte o alle prime luci dell’alba, ad una temperatura a meno -8°. Gli acini schiacciati, ancora ghiacciati, generano quindi un mosto zuccherino che emana un aroma di frutti di bosco; il vino è quindi ottimo da abbinare a formaggi e dolci secchi.
Visit Piemonte, ambasciatore del vino piemontese lungo il cammino
L’agenzia regionale Visit Piemonte, nata per valorizzare l’offerta turistica e la produzione agroalimentare del territorio piemontese, ha realizzato con la collaborazione della Regione, un percorso di conoscenza e diffusione, su scala locale, della produzione vinicola, utilizzando come testimonial i volti di 15 presidenti dei Consorzi di Tutela dei vini di qualità certificati (D.O.C.G. e D.O.C.).
Questa attività ha quindi permesso di stimolare nel pubblico una maggiore conoscenza e curiosità verso le eccellenze tra i vini piemontesi e quindi di apprendere la connessione di questi con la cultura e la storia del territorio di riferimento, come anche il loro legame con l’itinerario francigeno, il cui immaginario non può che portare camminatori/trici e turisti in senso circolare ad esplorare il percorso lungo sentieri naturali di colori, ma anche di sapori.