Se sei un amante di storie misteriose, avrai sentito sicuramente parlare de “Il Nome della Rosa”, che tu abbia letto il romanzo o meno. È la celebre opera narrativa di Umberto Eco, che narra l’oscura avventura del frate inglese Guglielmo da Baskerville e del suo allievo Adso da Melk, in un imprecisato monastero sulle Alpi italiane.
Per quel che ne sappiamo, questo luogo avrebbe potuto trovarsi sulla Via Francigena, ma Adso da Melk non ne descrive l’ubicazione esatta. Tuttavia, ci siamo chiesti se lungo il cammino esistono dei luoghi del mistero e grazie all’associazione DMO “Francigena Sud nel Lazio”, a questo proposito abbiamo fatto delle interessanti scoperte lungo la Francigena a Sud nel Lazio, che vogliamo condividere con te.
Misteri di famiglia a Castel Gandolfo
Sui colli Albani, percorrendo l’itinerario dopo la via Appia Antica, nel comune di Castel Gandolfo ci sono antiche residenze papali che dal 1932 prendono il nome di Ville Pontificie. Tra queste, Villa Barberini: a catturare la tua attenzione, non saranno solo i suggestivi giardini, ma soprattutto una leggenda misteriosa legata al casato Barberini. Pare che infatti nell’edificio dimori lo spirito di un giovane (come accuratamente riportato in “I Fantasmi dei Castelli Romani”, 2022, di Italian Ghost Story), sulle cui sembianze coincidono le testimonianze di tutti coloro che affermano di averlo visto lungo il muro di cinta della Villa.
Si tratterebbe di una figura maschile con un viso dai lineamenti marcati e una ferita sulla tempia destra, vestita con smoking, camicia con risvolto, panciotto, una cravatta a cui è applicata una preziosa spilla, e dei pantaloni con piega centrale. Secondo alcuni potrebbe trattarsi di un figlio illegittimo nella famiglia Barberini, che uccise il padre accidentalmente durante un diverbio, e che si sia tolto la vita subito dopo aver commesso tale crimine. Le sue spoglie sarebbero state sepolte in un terreno sconsacrato, al confine della proprietà, e da allora il suo spirito si aggirerebbe senza pace nei pressi della Villa.
La Pentima della Vecchiaccia sul Lago di Albano
Uscendo da Castel Gandolfo, ci si ritrova sulle sponde del lago di Albano, caratterizzato da tre racconti da brivido che lo avvolgono, come quello sull’oracolo di Delfi e un emissario sotterraneo, l’agghiacciante e vera vicenda del corpo di una donna decapitata ritrovato sulle sue sponde nel ’55, e la leggenda della Pentima della Vecchiaccia. Pentima (o pèndima), parola di origine prelatina, indica in gergo locale un masso roccioso, una rupe o precipizio che contraddistingue in generale le rive dei laghi nell’aerea dei colli Albani, e che caratterizza uno dei percorsi escursionistici sul lago, da cui godere di una vista spettacolare. Per arrivarci, partendo dal convento dei Cappuccini, bisogna addentrarsi nel bosco, percorrendo un sentiero non molto ampio di notevole dislivello, per cui occorre camminare rasenti alla parete rocciosa. Lungo il percorso si possono scorgere delle grotte in tufo scavate nella roccia, ma ad attirare la tua attenzione saranno sicuramente la presenza di simboli esoterici posti sulle rocce, che purtroppo riconducono ad odierni riti impropri.
Ebbene in questo luogo si dice che, in tempi remoti, un’anziana signora, accusata di stregoneria, si sia gettata nel lago per suicidarsi e sfuggire così alla persecuzione, e che tutt’oggi il suo spirito, come il canto di una sirena, aleggi nell’aria per invitare gli ignari visitatori a buttarsi a loro volta. Chi ha percorso questo tratto sostiene infatti di essere stato colto da sentimenti ambivalenti tra angoscia, paura, vertigini e attrazione verso il vuoto. Pare che anche i cani di alcuni/e escursionisti/e abbiamo assunto un comportamento anomalo in prossimità dello strapiombo.
Bambini fantasma e altre leggende tra Sezze e Sermoneta
Hai una passione per la simbologia? Una sosta per te obbligatoria, tra Norma e Sermoneta, è sicuramente l’Abbazia del Valvisciolo, a breve distanza dalla seconda delle due, perché sulle pareti della galleria occidentale del chiostro sono presenti numerose incisioni, tra cui un curioso graffito, il così detto Sator. Si tratta di un palindromo, una figura composta da delle lettere, che possono essere lette anche in senso inverso: “S A T O R A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S”, ma a renderlo unico nel suo genere è la sua forma radiale con tratti circolari concentrici, che richiamano i reticoli celtici, piuttosto che i classici quadrati magici, e la croce formata dalle parole TENET, sebbene alcuni ne attribuiscano la realizzazione ai Templari tra il XII e il XIII secolo. Tra quanto rappresentato è possibile identificare infatti anche alcuni Nodi di Salomone (metafore del cammino esoterico verso la conoscenza), Triplici Cinte, gli omphalos (simboli di giustizia ed equilibrio) e un Alquerque. Tuttavia, la paternità di tutto ciò resta al giorno d’oggi ancora un mistero irrisolto…
Arrivando nell’antico borgo di Sermoneta, troverai ad aspettarti il Castello Caetani, una fortezza medioevale, che è stato nel tempo meta di visita di personaggi illustri, ed in tempi moderni, allestito come set cinematografico. Tuttavia, ciò che rende molto particolare questo luogo è la credenza che l’edificio sia abitato dal fantasma di un bambino, morto in circostanze violente nei sotterranei. La sua immagine corrisponde alla figura di un principino rappresentata in un quadro appeso nella sala del Cardinale, ma di cui l’identità è ignota. Secondo alcuni abitanti di Sermoneta, e i testimoni di alcuni appostamenti, è possibile udire le urla e il pianto del fantasma attraverso le varie stanze signorili del castello.
A pochi passi di distanza si trova il Giardino di Ninfa, anche questo caratterizzato da un inquietante presenza. Stando alle storie di alcuni visitatori, è possibile vedere nelle acque del lago, all’interno del giardino, il riflesso del fantasma di Ninfa, che si aggira nell’area fin dai tempi della sua tragica morte. Si racconta infatti che Ninfa era la figlia del re che abitava nel castello, le cui rovine troneggiano nei giardini, il quale, per bonificare le paludi della zona, chiese l’aiuto di due re vicini, Martino, di cui Ninfa era segretamente innamorata e Moro, un potente stregone. Colui che sarebbe riuscito nell’impresa avrebbe ricevuto in cambio dal re la mano di Ninfa. Sebbene Martino si fosse adoperato alacremente per portare a termine la bonifica, Moro riuscì nell’intento con una semplice magia, poco prima che scadesse il termine assegnato dal re. Per la disperazione di non potersi sottrarre al matrimonio con lo stregone, Ninfa si gettò nel lago e morì. Tuttavia, l’atmosfera armoniosa che regna nel luogo pare sia dovuta appunto alla presenza di Ninfa, che ancora oggi si prende cura di piante e fiori.
Incamminandosi verso il piccolo comune di Sezze, uno dei più antichi della zona, non ci si può che imbattere anche qui in una raccapricciante e oscura vicenda. Alcuni abitanti e visitatori, infatti, concordano sulla presenza del fantasma di una bambina la così detta “Femminuccia“, che di notte si aggira nei vicoli del centro storico, in Via della Libertà, una traversa di Via San Carlo. Si tratterebbe di una figura molto esile, vestita di pizzo bianco, dal colorito pallido, lo sguardo vitreo, le labbra violacee e dai capelli incolore, che tiene in mano una testa e nell’ altra ago e filo. Tuttavia, solo chi compie tre giri intorno al palazzo dopo la mezzanotte può fare l’incontro con questo fantasma, e ricevere la sua richiesta di aiuto che tuttavia si dissolve poi insieme allo spettro.
Borghi e case infestate: i casi di Terracina e Fondi
Il borgo di Terracina, lungo l’itinerario, è molto antico e ricco di storia, ma anche di vicende sanguinose e misteriose, motivo per cui, secondo alcuni, le anime di coloro che ne sono stati infelicemente protagonisti continuano a “vivere” il borgo, vagando sotto forma di spettri tra i vicoli della città. Rumori, ombre sinistre, luci che si spengo e accendono da sole, come a Palazzo Braschi, volti che appaiono alle finestre di palazzi e torri disabitati e fantasmi senza testa, che girano per le strade: insomma avviene di tutto. Terracina è senza dubbio un luogo in cui non mancano le sorprese per gli amanti delle ghost stories.
Un’altra meta del cammino dal sapore sinistro è la casa degli spiriti di Fondi, in via Olmo Pierino, un edificio che oggi ospita il Museo del Medioevo Ebraico (MME), ma che non è mai stata abitata, poiché nessuno è riuscito a pernottarvi neppure per una notte, per il verificarsi di strani fenomeni: dalle folate di vento improvvise, agli scricchiolii e rumori assordanti, fino ai crolli di mura. Tutt’ora gli abitanti del luogo si guardano dal frequentare la struttura. In molti la riconducono ad un’antica sinagoga, risalente alla fine del ‘400, quando in città risiedeva una comunità di ebrei spagnoli, in fuga durante la diaspora spagnola del XV secolo, che fu decimata intorno al 1636 dalla malaria. Secondo alcuni nella casa, oltre ai numerosi morti causati dalla malattia, si sarebbero consumati degli efferati delitti.
In cammino tra spettri e strani fenomeni visitando Itri, Gaeta e Formia
Se rabbrividisci al pensiero del Castello d’If, come descritto nel romanzo d’avventura di Alexandre Dumas “Il conte di Montecristo”, ti assicuriamo che il Castello di Itri non è da meno.
L’edificio costituisce un’imponente fortezza medioevale, oggetto di rimaneggiamenti nel tempo, a causa di guerre e ammodernamenti, ma caratterizzato dalla leggenda che avvolge la torre cilindrica e il suo cammino di ronda, la così detta “Torre del Coccodrillo”. Si dice infatti che nelle acque alla sua base un tempo vivesse un coccodrillo, usato per mettere a morte i condannati dell’epoca. Per cui oggi si crede che i fantasmi di questi malcapitati si aggirano nelle sale e nella cappella del castello. Diverse infatti sono le testimonianze di coloro che asseriscono di aver visto ombre, luci accese inspiegabilmente (poiché nessuno era entrato nell’edificio e non vi erano segni di effrazione) o di aver udito musica e lamenti provenienti dal castello.
Proseguendo fino a Gaeta si giunge in un luogo suggestivo, sia dal punto di vista storico che naturalistico, ovvero la “Montagna Spaccata”, che secondo i racconti popolari si sia divisa in tre parti a seguito della morte del Cristo. Arrivando dal mare sono infatti visibili tre grandi fenditure parallele. Le sorprese però non finiscono qui, perché la particolarità ancora più peculiare di questo luogo è la così detta “Mano del Turco”. Percorrendo la fenditura al centro, ad un certo punto, si può notare un’impronta impressa nella roccia. Secondo gli antichi racconti, un personaggio di fede non cristiana (probabilmente un turco) non credendo all’origine mistica secondo cui la montagna si fosse spaccata, appoggiando la mano alla pietra ne causò lo scioglimento sotto le sue dita, lasciando il solco tutt’ora esistente.
Ultima tappa del nostro viaggio nel mistero lungo la Via Francigena nel Sud è la città di Formia, dove esiste un mausoleo dedicato a Tullia, o “Tulliola”, per il padre Cicerone, situato proprio di fronte a quello paterno. Secondo alcuni, nel 1450 la tomba di epoca romana ritrovata poco distante dalla Villa di Cicerone, lungo la Via Appia nei pressi del Monte Acerbara, apparteneva proprio alla Ciceronis filia. Tuttavia, ciò che più stupisce è che il corpo di donna all’interno del sarcofago, ivi conservato, era rimasto nel tempo totalmente intatto, e che ai suoi piedi vi fosse una lampada votiva accesa, che si spense al contatto con l’aria. La salma, portata a Roma, divenne oggetto di pellegrinaggio, e le autorità ecclesiastiche del tempo decisero quindi di distruggerla, ma il corpo si dissolse in cenere, la quale venne probabilmente seppellita fuori Porta Pinciana.
Il fantasma della giovane defunta, irritato per il disturbo arrecato al suo sonno eterno, pare che abbia deciso di infestare la Villa dei Quintili, nei dintorni del casale di Santa Maria Nova, un edificio di origine romana passato di mano in mano fino al 2006, quando gli ultimi proprietari, i coniugi Elena e Evan Ewan Kimble, la cedettero alla Soprintendenza, stanchi della presenza dello spirito. Entrambi, infatti, dicevano di udire anche di giorno il canto e il lamento di una bambina.
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