Con un passo tranquillo ma costante e deciso, insieme a Dom sto per raggiungere Siena, come raccontavo qui.
Boschi di castagni, campi di cereali e girasoli ancora non sbocciati. Un cerbiatto fa capolino tra i fili di grano. Poi arriviamo sulla strada. Una signora ci affianca in macchina e chiede se vogliamo dell’uva. Traduco in inglese per Dom e ridiamo increduli. La gentil donna si ferma in mezzo alla corsia, apre il baule e prende qualche grappolo di uva nera, porgendocele sorridendo e chiedendo di dove siamo. Porta al collo la croce dei francescani (dal crocifisso di San Damiano), sprizza energia e spiritualità. Che gesto cordiale e inaspettato!
Smangiucchiando la frutta offertaci, io e Dom entriamo a Siena dalla porta di Fontebranda, nella contrada dell’Oca, la più antica e imponente fonte senese. Queste pietre raccontano vicende dal 1081 e furono citate da Dante e Boccaccio, D’Annunzio, Camus e molti altri.
L’attraverso con gioia e stupore infantili, con gli occhi felici e il naso per aria a cercar dettagli fra pietre e mattonelle decorative e sculture. Ogni volta è una nuova scoperta. Siena tutta è un incredibile e unico resoconto del talento artistico e architettonico italiano del Medioevo. Non si può raccontare, troppo da dire, va visitata e vissuta!
Pranziamo in un ristorante nella contrada della Torre, verso Piazza del Campo. Dopo aver ammirato il padrone del ristorante tirare a mano la pasta, io scelgo gnocchi, Dom ravioli.
«Ma non li provate codesti pici?» ci schernisce il padrone portando al tavolo un terzo piatto con pici al cinghiale! Mi sento sempre così coccolata e trattata bene dai toscani.
Satolli dal pranzo, siam pronti per un pisolino in attesa che la Foresteria di San Clemente in Santa Maria dei Servi ci accolga per la notte. Réunion con le pellegrine italiane e le sorelle americane per godere di questa meravigliosa città, si cena nel quartiere universitario, vivace ed economico.
Svegliandomi così presto, sarebbe splendido vedere Siena vuota con le prime luci dell’alba, ma la Foresteria è verso l’uscita dalla città e la tratta fino a Ponte d’Arbia sarà molto impegnativa con pochi ristori, poca ombra, e molto caldo. Va bene semplicemente procedere.
Sul cammino ci si adegua, ci si sposta nella direzione più semplice e pratica e penso a quanto spesso io riporti questa filosofia anche nel quotidiano per sbilanciarmi verso decisioni più mirate.
I colori del cammino
Forse ancor più bella della Val d’Arbia, attraversiamo la Val d’Orcia con la grazia del vento e qualche nube che alleggeriscono i chilometri sotto il bollore d’estate. La nebbia di questa mattina permette un netto contrasto nei colori di un panorama da quadro: dall’oro dei cereali, al blu dei mirtilli, il viola dell’uva, le sfumature dei campi coltivati fra verde e giallo e del cielo azzurro fino al bianco di qualche piccola nuvola. E le forme geometriche dei filari, dei vitigni, dei fiori. E gli uliveti e le mietitrebbie.
Restiamo nel medioevo giungendo a San Quirico d’Orcia. Questo fine settimana si celebra la Festa del Barbarossa, dove i cittadini suddivisi in contrade sfilano in abiti storici e disputano dei giochi quali tiro con l’arco e spettacoli di sbandieratori. Che fortuna poter presenziare! Che spettacolo splendido! Come da tradizione, la cittadina viene decorata e ogni quartiere sfoggia il proprio stendardo, addobbando coi suoi colori banchetti e simpatiche tavolate. Onoriamo i festeggiamenti con una ottima cena proprio sedendo accanto a una delle squadre in una deliziosa atmosfera leggera e allegra. Questa non è la contrada vincente, i Canneti, ma c’è un grande senso di soddisfazione, di orgoglio, di supporto. Un buon sapore da sentire nel cuore, accanto alla migliore carne alla griglia!
L’ultima notte per Dan, ci salutiamo con un pizzico di dispiacere, ma sappiamo che rimarremo in contatto.
Dalla graziosa Vignoni Alta si arriva poi a Bagno Vignoni, con le sue acque termali che sgorgano a 50 gradi, due gioiellini che meritano una pausa anche se la mattina presto è ancora tutto chiuso.
E ancora via camminando lungo questa pazzesca palette di verde, blu, marrone e oro.
Ritmi e persone
Da un cammino porti a casa esperienze culinarie deliziose, paesaggi meravigliosi, un rinnovato spirito energetico, e personaggi unici che possono trasformarsi in preziose lezioni di vita e amicizie durature.
A volte ci si aspetta, fra pellegrini, ma più spesso ci si assicura che tutti stiano bene e abbiano il necessario poi ognuno procede col proprio ritmo. Lis, ad esempio, è molto veloce, ma sembra godere meno del contesto come avesse gli occhi ancora puntati in dentro, verso pensieri e preoccupazioni. Oppure Lou, sulla 70ina, è lento ma costante, non gli sfugge nulla, e sfoggia una perfetta fornitura di qualunque cosucola possa servire sul percorso. Fra e Ame sono sempre insieme, anche se han ritmi diversi si percepisce che hanno un fortissimo legame più importante delle singole esigenze.
Poi c’è Dom, ha circa una ventina d’anni più di me, ma è allenato e decisamente in forma, è veloce e sembra non patire né caldo né stanchezza. Siamo molto in sintonia. La sua compagnia, oltre ad arricchire di interessanti dialoghi il cammino, mi sprona a tenere un buon ritmo e gestire meglio la fatica.
Mi accingo verso l’ultimo comune sulla Francigena toscana, a quasi 800 metri di altitudine.
Fra e Ame hanno un passo più lento, fanno diverse soste, le vesciche non gli stan dando tregua e presto ci salutiamo, sapendo che ci saremmo ritrovati la sera al RadicHostel. Lis invece schizza veloce. Non so se Dom sia effettivamente più lento di lei, fatto sta che lui rimane al mio passo. A volte si parla, spesso si tace.
L’ultima cena toscana si chiude con l’amaretto locale, dolce e mandorlato. Penso a quanto i toscani ci tengano a fare bella figura, alla cura, ai dettagli. E a trattarti bene!
Ah, luogo dei grandi poeti, di santi, ribelli e visionari, citata e amata… Grazie, Toscana, alla prossima!
Lezioni del cammino, lezioni di vita
Radicofani è fantastica: altro panorama mozzafiato, viuzze di pietre, fiori e decori ovunque, la fortezza che domina dall’alto. Per giorni ne abbiamo visto la torre, si scorge in contrasto con la delicatezza delle valli all’alba, scura e protettiva nelle sfumature rosse e dorate del tramonto. Ci indica la direzione lungo le tappe precedenti, ci ricorda da dove arriviamo nei tratti che seguono. Anche nei giorni successivi, mi girerò spesso a guardarla, imponente sulla valle.
Bisognerebbe sempre fermarsi, di tanto in tanto, e guardare da dove arriviamo, percepire dove siamo arrivati. Per darci una pacca sulla spalla, per apprezzare la strada percorsa, per sentire la forza di quanto abbiam già passato. Anche quando ci sentivamo stanchi, soli, inconcludenti, delusi, demotivati. Ce l’abbiamo fatta, siam andati oltre. Siamo arrivati fin qui!
Arriverò fino a Roma, ma questa è un’altra storia…