Tra gli ambassador del rurAllure photo-contest 2022 c’è il pellegrino italiano Paolo Rossi, che appena ha un weekend libero parte in cammino zaino in spalla. L’abbiamo conosciuto durante l’inaugurazione della mostra “Cammini in Europa” al Francigena Fidenza Festival e ci ha mandato un bellissimo racconto che vi invitiamo a leggere:
Mi piacerebbe presentarmi e dire “Ciao, sono Bruce Chatwin”, e mi rivedo in quella sua bellissima foto con le scarpe appese al collo come unico bagaglio.
La realtà come sempre è molto meno romantica e non sono uno scrittore viaggiatore sognatore, ma solo una persona a cui piace tanto camminare.
Per inquadrarmi tipo carta di identità, ho 55 anni, vivo a Milano (ma non sono milanese, come quasi tutti coloro che ci vivono) ho una moglie e 1 figlia di 14 anni e mi considero uno studioso della società (sono infatti Managing Partner di GPF, l’istituto di ricerche di mercato creato dal Professor Fabris, fondatore della sociologia dei consumi, nel lontano 1982).
Mi è sempre piaciuto camminare, ma sino a non molti anni fa per me camminare voleva dire “andare in alta montagna” (proprio quella dove finiscono gli alberi). Non sono uno scalatore (soffro di vertigini), ma la montagna in tutti i suoi aspetti è sempre stata una grande passione e guardavo dall’alto in basso (dall’alto delle mie montagne appunto) coloro che camminavano in pianura.
Ho anche fatto l’alpino e allora (30 anni fa) in montagna andavo di buon passo per raggiungere il poligono (a Frabosa Sottana nel cuneese).
La voglia però di provare a fare un giorno uno dei grandi cammini, sotto sotto, c’era (almeno il tratto pirenaico del Cammino di Santiago, mi dicevo).
Nel frattempo, sempre meno occasioni di andare in montagna, sempre meno tempo libero e quindi sempre meno camminate.
La passione per i cammini: l’inizio
Tutto è cambiato improvvisamente pochi anni fa nel 2019 quando ho deciso di andare a Roma per il mio anniversario di matrimonio dell’8 maggio approfittando di un ponte di circa 10 giorni: penso di non poter perdere l’occasione; 5 giorni con la famiglia e poi mentre loro tornano a Milano, io prendo il mio treno per Viterbo e pieno di entusiasmo affronto da solo le ultime 5 tappe della Via Francigena. Una assoluta folgorazione (non sulla via di Damasco, ma di Roma).
Da allora non ho più smesso, anche se le occasioni sono comunque rare, per non lasciare sempre sole moglie e figlia.
È un camminare diverso rispetto all’andare in montagna. In montagna è una sfida, si va per salire sempre più in alto, per raggiungere la vetta. Camminare sui cammini (scusate il gioco di parole), invece per me è un modo di trovare me stesso e di condividere con gli altri le esperienze. In un mondo sempre più di corsa, avere del tempo da dedicare a sé stessi, per riflettere, dà un meraviglioso e impagabile senso di libertà.
C’è inoltre il grande piacere di conoscere il territorio, quello vero, non solo quello delle guide turistiche, quello piccolo e dimenticato, nascosto, fatto di persone meravigliose, dell’accoglienza, del mangiare bene, degli incontri stupendi che si fanno sempre, della generosità di chi si incontra, un mondo che dovremo tornare tutti a conoscere e frequentare per ritrovare la nostra umanità perduta ed il senso di ciò che veramente conta e fa stare bene.
A Viterbo, la sera prima dell’inizio del mio primo pezzo di cammino, il Diacono che gestiva l’ostello ove ero ospite ha detto una frase che mi ha colpito molto e spesso ripeto: “io prego con i piedi, ogni passo che faccio”. Non mi sono mai considerato un vero credente, né vado in chiesa, ma i lunghi colloqui con la natura trovo che non siano poi così lontani dal pregare.
Visto che amo la libertà, appena posso, anche solo per 2 giorni, parto con il mio zaino, in qualunque stagione (camminare in inverno è anzi anche più bello). Difatti sono appena rientrato (è il 5 giugno e sono stato in viaggio dal 2 al 4 giugno) da una meravigliosa 3 giorni da S. Cristina e Bissone a Fiorenzuola, ancora più bella del solito perché accompagnato (almeno il 1° giorno) da moglie (non le piace tanto camminare ma è rimasta affascinata dal piacere che si prova a fare un cammino come la Via Francigena) e figlia (come me un tempo, anch’essa non prova piacere a camminare sotto i 2.000 m).
Proprio questa loro chiusura mi ha trasformato in un camminatore in solitario (tranne in montagna dove vado con mia figlia), ma ormai mi ci sono abituato, e mi piace anche (d’altra parte non potrei altrimenti avere il tempo di riflettere, passo dopo passo). Certo potrei andare con amici, ma non sono così facili da trovare amici camminatori, e poi sono abituato al mio passo, da alpino, lento ma metodico, non mi fermo mai sino all’arrivo (o quasi). Inoltre, sui cammini non si è quasi mai soli. Si incontrano altri camminatori lungo il percorso, e spesso alla sera ci si ritrova per raccontarsi le esperienze della giornata, e sono sempre scambi che ti arricchiscono.
I sogni nel cassetto del camminatore di cammini
L’unico rimpianto è di non riuscire mai a fare percorsi un po’ lunghi, di solito percorro un massimo di 3 tappe, ma un giorno mi piacerebbe riuscire a fare l’intera Via Francigena da Canterbury a S. Maria di Leuca. Per ora mi accontento di percorsi più limitati, quindi nel cassetto, pronti per i prossimi ponti/feste ci sono le tappe mancanti della Via Francigena, la Via di Francesco (voglio assolutamente dormire a La Verna) e una mia personale Via del Sale (da Bobbio a Zoagli) già tentata 2 anni fa ma abortita a pochi km dall’arrivo a causa di piedi piagati e un temporale decisamente esagerato, e poi tutti i cammini a cui non ho ancora pensato e non ho ancora programmato.
Esatto, perché la programmazione è fondamentale quando ci si mette in cammino. Quando sono partito la prima volta il mio zaino pesava 14 chili e prima della fine della 1° tappa avevo dolori di schiena lancinanti e ho girato le farmacie di mezzo Lazio (per quest’ultima 3 giorni lo zaino pesava 6,5 chili – oramai sono diventato un maestro).
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Meno ci si porta, meglio è (un solo cambio e un meraviglioso sapone di Marsiglia). Amo leggere, ma dai libri di carta sono passato al Kindle e ora al telefono (sul quale ho caricato il Kindle). Prepararsi vuol dire anche conoscere il territorio che mi ospiterà e conoscere le difficoltà del percorso (dislivello, lunghezza, fonti sul percorso, …), ed in questo la tecnologia aiuta. Ricordo anni fa le serate sulle mappe a studiare le gite da fare il giorno dopo, mentre adesso con una delle numerose app a disposizione sono in grado di studiare perfettamente ogni singolo metro del percorso, monitorando anche le previsioni lungo l’intero tratto (e in più ho una funzione che fa vedere sempre a mia moglie dove sono, non si sa mai).
Ma soprattutto camminare, come detto, per me è anche scoprire il territorio, e spesso sono tornato con la mia famiglia nei posti attraversati precedentemente da solo nel cammino, e camminare mi fa capire quanto l’Italia sia veramente un paese meraviglioso, ricco di storia e cultura, da visitare palmo a palmo, in ogni regione.
Quindi da domani, tutti con lo zaino!