Via Francigena

Yellow the World: in cammino verso l’inclusione con Dario Sorgato

Negli ultimi anni i cammini, in Italia, hanno fatto tanti passi avanti. Importanti. Ma quelli più preziosi e significativi sono certamente quelli fatti verso accessibilità e inclusione.  

Iniziamo un viaggio tra persone e realtà che stanno lavorando in questa direzione con la storia di Dario Sorgato, fondatore di NoisyVision ETS e instancabile promotore di cammini inclusivi, rivolti a integrare persone con disabilità sensoriali e senza disabilità.  

Il suo grido di battaglia è “Yellow the world!”, coloriamo il mondo di giallo. Il giallo, oltre che il colore del sole e dell’allegria, è il colore più visibile, quindi quello dell’inclusione. Guarda caso, anche il colore del pellegrino simbolo della Via Francigena. 

Il cammino insieme a persone con disabilità apre gli occhi 

La storia di Dario è la storia di un ragazzo che trasforma la sentenza di una malattia che gli sta facendo progressivamente perdere vista e udito in una spinta incredibile a vivere a pieno la vita. Dopo aver girato il mondo e collezionato esperienze che noi umani possiamo a malapena immaginare, si innamora del viaggio lento e da allora dedica buona parte delle sue notevoli energie ad aprire più opportunità per tutti, organizzando esperienze di cammino che accomunano persone con disabilità e senza disabilità e, in qualche modo, migliorano la loro vita. Condividendo i diversi modi di vivere la stessa situazione, ciascuno abbatte le proprie barriere interiori, moltiplica emozioni e percezioni, apre cuore e mente e finisce per guardare alla disabilità (propria o altrui) con nuovi occhi. 

Storie e percorsi di inclusione, dal Sahara alla Francigena 

Il primo Cammino inclusivo organizzato da NoisyVision (in collaborazione con Appennino Slow) è del 2016, sulla Via degli Dei, e da allora tra Bologna e Firenze i gruppi si sono succeduti frequentemente ed è nato un progetto di turismo accessibile che si è esteso ad altri percorsi. Seguono le Foreste Casentinesi, il Cammino di Oropa, la Rota Vicentina, il Sentiero dell’Inglese, il deserto del Sahara, la Via Francigena da Lucca a Roma, in 3 frazioni.  

“Senza programmarlo, ci siamo trovati a percorrere le tappe in tre anni, tra 2021 e 2023 – racconta Dario – e accanto a nuove persone ogni anno c’era uno zoccolo duro che si ripresentava, e ogni volta era come se avessimo fatto la tappa il giorno prima, come se le nostre vite non fossero state separate per un anno”.  

Il sentiero di Sigerico è uno di quelli che Dario porta nel cuore per la sua varietà e ricchezza.

“La Val d’Orcia è camminare nella poesia, farla a piedi è ineguagliabile. L’uomo lì è riuscito a modellare la natura facendone qualcosa in armonia con la propria immagine. Molti non percorrono tutta la Francigena come percorrono, invece, tutto Santiago, probabilmente perché è da fare centellinandola. Arrivare a Roma a piedi è una bomba. Potente. Senti la forza di chi secoli fa ha percorso quei sentieri in pellegrinaggio, e questo accade sulla Francigena più che in altri cammini”. 

I cambiamenti del territorio 

Ma ci sono tanti altri amori, tante esperienze esplosive, che allargano ancora il concetto di inclusione. A camminare insieme, in Marsica, sono persone normodotate e persone con disabilità sensoriali e motorie, in un grandioso progetto di Appennini for All, “Briganti e inclusivi”, dove questo gruppo eterogeneo e continuamente variabile – fino ad arrivare a duecento partecipanti, liberi di unirsi a una o più tappe – ha attraversato insieme luoghi e borghi del Cammino dei Briganti, provocando un incredibile coinvolgimento del territorio. E, ancora, “Camminare Oltre”, un weekend nel Parco nazionale dello Stelvio in cui, accanto a Dario, erano sui sentieri una persona con disabilità motoria, un esperto di montagna, una camminatrice e un bambino di dieci anni. Ma soprattutto “Anche a Leo piace giallo”, il primo cammino inclusivo per adolescenti, da Lecco a Milano, sei tappe del Sentiero di Leonardo individuate con il supporto della Compagnia dei Cammini che sono state, sono le parole di Dario, una dura realtà trasformata in bellezza. 

Ogni volta, scatta la magia. La vicinanza spontanea che si crea nel cammino sgretola tante paure personali, da quella di non farcela a quella di non sapere come rapportarsi con una persona disabile, per poi scoprire che basta rapportarcisi come persona. Questo abbattimento di barriere interiori – quello più necessario – apre la strada a un flusso di emozioni condivise che restano nell’anima, alla sensazione che la fratellanza sia molto più reale e realizzabile. A un mondo più giallo. 

“Guarda dove cammini”  

Da poco, Dario ha raccolto tutto questo in “Guarda dove cammini”, pubblicato da Ediciclo Editore. Un amico che lo conosce profondamente e da tempo, dopo aver letto questo libro (il quarto che ha scritto) gli ha detto: “Per quanto ci possa provare, non riuscirò mai a capire fino in fondo il percorso che hai fatto”. E in effetti la sua storia personale e ciò che NoisyVision sta facendo per l’accessibilità e l’inclusione sembra davvero qualcosa di inimmaginabile. Ma è reale. E comprenderne una parte è già tanto. Come la Via Francigena, pochi la percorreranno tutta, da Canterbury a Santa Maria di Leuca, ma vivere anche solo una tappa è un’esperienza da non perdere. Che fa crescere e stare bene. 

Da condannato al buio, Dario è diventato un portatore di luce. E questa luce vorrebbe portarla, soprattutto, ai giovani. L’esperienza di “Anche a Leo piace giallo”, raccontata in un film pluripremiato che ha trovato spazio nell’edizione 2025 del Trento Film Festival, e viene proiettato in diverse città italiane, almeno fino a luglio (qui tutte le date).    

La chiave per coinvolgere giovani e giovanissimi 

Questa modalità di viaggio con i ragazzi e ragazze è quella che più di ogni altra Dario vorrebbe ripetere, perché c’è tanto da imparare. Reciprocamente.  

“Ho fatto cose con i giovani da sempre ma io stesso ho ancora tanto bisogno di esperienza, di lavorare e camminare ancora con loro. I giovani a cui mi sono rivolto sono in quella terra di mezzo in cui c’è ancora bisogno di acquisire consapevolezza, di capire che i ragazzi che ci vedono poco possono essere amici, che magari ci puoi andare in discoteca o, appunto, a percorrere un sentiero”.  

Per fare questo la potenza del Cammino non basta, la coesione spontanea che si sviluppa va stimolata, occorre dotarsi di strumenti come giochi o temi che aiutino a sviluppare il dialogo e l’interazione. Quelli di NoisyVision lo sanno, ma sanno anche che l’importante è cominciare, perché una volta che scatta il meccanismo della condivisione si apre un mondo.  

“La cosa più difficile è coinvolgerli nelle proposte di Cammini inclusivi, bisogna lavorare tantissimo sulla comunicazione. Vorrei trovare la chiave per incuriosirli. Sono pronto anche a organizzare una discoteca itinerante, se serve. Dovrebbe essere una cosa che non vedono l’ora di fare”.  

Per esperienza personale, so che una volta che hai fatto un cammino inclusivo non smetti più, lo vuoi rifare e, come spesso avviene, la parte più difficile è fare il primo passo. O il primo Cammino. Alcune proposte purtroppo non raggiungono il quorum, ma a Dario basta ricordare i sorrisi dei genitori quando hanno visto i loro ragazzi tornare felici da un cammino al quale li avevano mandati con mille dubbi per avere ancora più voglia di creare un mondo più giallo. 

Camminare insieme abbatte le barriere 

Ma cosa bisogna fare per creare un mondo più giallo, per rendere luoghi e cammini più inclusivi e accessibili? Prima di tutto, risponde Dario, c’è da fare “un piccolo grande salto mentale: capire che la disabilità non è una stranezza, evitare pietismi ed eccessi di attenzione, forme di compatimento e tristezza di cui non abbiamo affatto bisogno.

Nei confronti delle disabilità ci sono molti pregiudizi cognitivi e camminare insieme aiuta ad abbatterli. Il lavoro da fare è continuare a portare la leggerezza che abbiamo portato con i nostri gruppi nei luoghi che abbiamo attraversato con NoisyVision. In Appennino, nel tratto tra Bologna e Firenze, ci siamo riusciti, ormai ci conoscono e sanno che quando arriviamo non arrivano persone sfortunate ma persone. Ci siamo riusciti, ci siamo tolti la maschera di disabili, e se ci siamo riusciti qui possiamo riuscirci altrove. Bisogna solo continuare”. 

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Daniela De Sanctis
Giornalista, appassionata di cammini, trekking e montagna, vive tra Roma e le Dolomiti. Scrivendo e camminando, ha l’obiettivo di aiutare a scoprire meraviglie e fare promozione del territorio. Collabora all’organizzazione di trekking di più giorni, soprattutto in posti dove vanno in pochi, dal Molise all’Australia.
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